Apologia dell’ignoranza funzionale

Non lo so”.

Tre piccole sillabe che in quest’ordine sintattico indicano l’ignoranza di un determinato concetto.
Purtroppo, ultimamente, ho dovuto constatare che questa piccola frase è troppo spesso stigma di vergogna per chi la pronuncia. A quanto pare nel 2016 tutti sono tenuti a saper tutto sia che si parli di geopolitica sia che si parli di biomeccanica.

Quand’è che abbiamo cominciato a vergognarci non solo di quello che non sappiamo ma anche di quello che dobbiamo ancora imparare?
Quand’è che il fatto di non aver ancora visto un film, di non aver ancora letto un libro ha smesso di farci emozionare e morire dalla curiosità ed ha cominciato a farci provare invidia e superbia?
L’ignoranza funzionale. Quell’ignoranza che ti porta a colmare una lacuna, a dire “non lo so” e ad interessarti all’argomento trattato dopo che l’hai sentito nominare. Perché viene così maltrattata?

Per rendersi conto della situazione basta andare in qualsiasi luogo pubblico (meglio se frequentato da “giovani” di morettiana memoria) e cominciare a parlare di un qualsiasi argomento a caso, preferibilmente fuori luogo:

-“Comunque, tralasciando un secondo il dibattito kebab vs. pizza, stavo ragionando sullo stile kafkiano de “La logica del senso” di Deleuze…

Stop. Vedrete che frotte di intellettuali sbarbatelli accorreranno a mo’ di un giovane Diego Fusaro per esprimere le loro opinioni con commenti a sproposito sul tema trattato anche se del tutto sconosciuto:

-“Sì, be’ insomma, cioè Deleuze comunque era francese e sappiamo bene tutti che la Francia ha sempre avuto una marcia culturale in più. E comunque è meglio il kebab.

Un po’ devo dire che mi mancano i bei tempi dove le persone con lo spessore culturale di un lavabo dettavano legge su come vestirsi e di cosa parlare il tutto come unico fine di rimorchiare (ahimè, con successo) puntualmente le ragazze più carine; un tipo alla William Zabka in “Karate Kid” per capirci:

Almeno in questi casi non vi era la voglia pretestuosa di apparire ciò che non si è. I tamarri rimanevano tamarri, i nerd rimanevano nerd, gli impegnati sul sociale rimanevano impegnati sul sociale.

Ma si sa, il destino è cinico e baro, e quindi per beccare più degli altri oggigiorno, ragazze e ragazzi devono avere ovvero, più propriamente, devono mostrare, un minimo grado di cultura.
Il coatto non fa più tendenza, è finita l’epoca del ragazzo tutto muscoli e niente cervello; ed è proprio dalla necessità di apparire che da anni contraddistingue la nostra specie, che viene a formarsi la figura del saccente che si vergogna di non sapere, che deride chi non sa, che schernisce chi si astiene dal parlare di argomenti che non rientrano nel suo campo.

Ma allora si stava meglio quando si stava peggio? Sì e no.

Io sono sempre stato una favore della diffusione della cultura, se adesso fa tendenza non avere (o fingere di non avere?) la testa completamente vuota non posso che esserne soddisfatto. No. Sì. Sono in parte soddisfatto.

Tuttavia non riesco a rimanere ferito dalla graffiante superficialità che dilaga, dalla vuotezza con cui argomenti delicati vengono trattati, dalla banalizzazione di opere che pretendono anni di analisi esegetica.

Non ce la faccio.

E quindi esorto tutti noi a non vergognarci della nostra ignoranza, non sentiamoci in imbarazzo nel dire “non lo so”.

Basta che sia un’ignoranza funzionale. Basta che sia un “non lo so, ancora”.

 

-Mattia


2 risposte a "Apologia dell’ignoranza funzionale"

  1. Oggi c’e informazione, non cultura. Il sapere diffuso, la globalizzazione, la facilita’ e superficialita’ di reperire qualsiasi argomento da Internet, ha eliminato ogni curiosita’ passione gusto pensiero individuale

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